Una schiava da 100 e lode
«Studia, studia! Ti servirà per il tuo futuro».
Le parole che sua mamma le aveva ripetuto fino allo sfinimento al liceo le rimbombavano ancora nella testa. Ma non ne aveva voluto sapere: trascorrere ore e ore sui libri non faceva per lei. Sentiva ancora tra le cosce quel calore che solo Mark le sapeva provocare.
Quanti pomeriggi aveva trascorso con lui, il genietto delle equazioni, a farsi leccare la figa e a farsi succhiare a più non posso i capezzoli fino a farli diventare lividi. E sua madre pensava che lui le stesse facendo svolgere gli esercizi per il giorno dopo...
Mark e le sue funzioni matematiche erano solo un ricordo di gioventù. Faceva parte del passato eppure una potente sensazione - quasi come fosse un orgasmo - le faceva tremare ancora le gambe se pensava a lui e al suo membro grosso e vigoroso. Ma lui aveva terminato gli studi di ingegneria a tempo di record e ora era un pezzo importante nel business della produzione industriale.
«Sei stata solo la mia puttanella. Ora non mi servi più».
Così l'aveva liquidata Mark, quando lei era andata in azienda a chiedergli un lavoro.
Mancava solo la tesi alla laurea, ma aveva necessità di lavorare.
«Ti ho detto che sei solo una sgualdrinella da quattro soldi».
Le aveva detto così per l'ultima volta - prima di congedarla - non prima di essersela scopata alla grande nel retro del suo ufficio, dopo aver lasciato detto alla sua segretaria di disdire ogni appuntamento e non lasciar passare telefonate. Non poteva farsi sfuggire quell'occasione. Da liceale aveva goduto alla grande di quei seni ancora acerbi e di quella figa morbida e profumata.
Ma ora, dopo qualche anno, lei era diventata una bella donna. I seni si erano riempiti e le cosce erano diventate più tornite. Ma il profumo di quella figa era ancora inconfondibile. Aveva inondato l'aria dell'ufficio con quell'aroma inebriante e intrigante. L'aveva lasciata parlare, l'aveva illusa che ci fosse un lavoro per lei, ma la doveva annusare per forza, di nuovo, di più.
Altrimenti sarebbe diventato pazzo. E così prima le infilò il naso tra le gambe e poi se la scopò con tutta la forza possibile sbattendola su quella fotocopiatrice rotta. Si scopò per bene quel culo meraviglioso fino a volerlo consumare di piacere, fino a farle dire "basta".
Ma il lavoro per lei non c'era. Quanto era stato stronzo Mark...le bruciava ancora il culo dopo quella vigorosa scopata che le poteva valere uno stipendio tranquillo, ma tanta era la rabbia per essere stata ancora usata da lui. Adesso doveva finire quella tesi, prendere quel pezzo di carta, rimboccarsi le maniche e...vendicarsi di Mark. E l'occasione si era presentata subito, servita su un piatto d'argento.
Il caso volle che in segreteria le avessero comunicato che la sua tesi era stata affidata a un nuovo docente, appena trasferito da un altro ateneo...il nome non le era nuovo, l'aveva sentito già da qualche parte. Era il padre di Mark! Lo ricordava, lo aveva visto di sfuggita nei lunghi pomeriggi a "studiare" a casa sua.
E ricordava come fosse ieri quella volta in cui le aveva messo la mano tra le cosce sotto la scrivania. Fissò un appuntamento urgente per e-mail e si presentò da lui con un tubino rosso che non lasciava nulla all'immaginazione. Era ancora un bell'uomo e per di più era potente.
«Se vuoi laurearti, ricorda bene che fino alla prossima seduta tu sarai la mia schiava e io il tuo padrone».
La congedò e si diedero appuntamento al giorno successivo. A casa sua. Nel suo studio personale. Quella mattina lui la mise subito al lavoro, a sistemare delle ricerche. «Ricordati che sei solo una schiava e posso fare di te quello che voglio. Come adesso...».
Estrasse il membro già duro dalla patta dei pantaloni. «Buon sangue non mente». Pensò lei vedendo quanto era enorme. Più di quello di suo figlio. Ed era felice». Le sfilò la mutandina già bagnata, l'annusò e le legò i polsi con un groviglio di corde. Poi le mise un bavaglio. Doveva godere la puttana, la schiava. Ma doveva stare ferma e zitta. Dopo aver finito la lasciò andare e sulla porta le mise in borsa il primo capitolo della tesi.
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All'indomani mattina si presentò di nuovo, puntuale allo studio.
«Oggi c'è una sorpresa per te. Piccola troietta...»
Lui godeva nell'insultarla, ma a lei piaceva da morire quell'umiliazione. E non vedeva l'ora di farsi scopare. La bendò con un foulard nero di seta. Profumava di lui. L'adagiò sul letto e le legò i polsi alla testiera di ferro battuto.
Poi sentì la porta cigolare. Era entrato qualcuno. Un altro uomo. Sentiva odore di tabacco. Due mani, forti e sconosciute le aprirono le gambe. Fu un attimo. Un membro nuovo, poderoso e grosso, era già dentro di lei.
E faceva su e giù.
Ne aveva avuti tanti tra le cosce, anche due alla volta, ma così non le era mai successo. Cominciò a gemere di piacere.
Una gocciolina di sudore le imperlò la fronte. «Basta. Sta' zitta! Adesso fai quello che dico io». Il padrone era adirato. Doveva sottostare al suo volere.
«Farò tutto quello che vuoi» disse lei con la voce sottomessa.
L'altro uomo aveva di nuovo acceso il sigaro e si godeva lo spettacolo, mentre il padrone glielo infilava in bocca. Fino alla gola, tanto era lungo. «E ingoia tutto, troia!». «E tu stronzo, datti da fare con questa puttana!».
Era proprio arrabbiato.
Mentre finiva di leccarlo inginocchiata a lui, lo sconosciuto le apriva il buco del culo e prese a scoparla con tutta la forza che aveva in corpo. Ma lui il padrone non era sazio ancora. E cominciò a succhiarle il nettare da quei capezzoli così morbidi e succosi.
Lisciò quella pergamena. 110 e lode. La poggiò sulla scrivania, mentre con due dita si procurava un piacere profondo. Da sola. Era stata proprio brava. Un liquido caldo cominciò a scorrerle tra le gambe.
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